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martedì 5 dicembre 2017

GENOVA STORICA E GOLOSA: ALL'OPEN DAY DELLA CONFETTERIA PIETRO ROMANENGO FU STEFANO

www.romanengo.com
Sabato 2 Dicembre si è tenuto a Genova un evento davvero eccezionale e interessante: l'Open Day della fabbrica dell'Antica Confetteria Pietro Romanengo. 
Situata a pochi passi dalla Stazione Brignole, in Viale Mojon 1, la storia azienda di "confiseur - chocolatier" di Genova, ha aperto i battenti alla città, regalando un'esperienza unica e indimenticabile ai visitatori. 
Vestite di tutto punto: cappa, sovrascarpe e cuffietta, io, la Signora Pasticci e Figlio, ci siamo addentrati in una favola, un salto indietro nel passato, alla scoperta dei segreti e delle lavorazioni artigianali dell'antica arte dolciaria genovese. 
Non vi nascondo che mi sembrava di essere il piccolo Charlie Bucket, all'entrata della Fabbrica di Cioccolato di Willy Wonka: in un'unica struttura, 5 reparti, 5 grandi cucine, dove l'alchimia regna sovrana, profumi, antiche tecniche e altrettanto antichi macchinari, rendono la visita una piacevole rivelazione. 

giovedì 3 marzo 2016

GENOVA STORICA E GOLOSA: LE ANTICHE CUCINE DI PALAZZO SPINOLA DI PELLICCERIA

Una dimora storica tra i budelli stretti dei caruggi del centro storico di Genova.


Un palazzo nobile, appartenuto alla famiglia Spinola, ma non solo, un poco fuori dal classico percorso museale indicato da tutte le guide turistiche, che racchiude tesori nascosti.
Edificato nel 1593 per volere di Giacomo Grimaldi, nei secoli fu l'abitazione di molte famiglie nobili genovesi.
Qui è passata tutta la borghesia più altolocata della città, hanno ballato, danzato, cenato e gozzovigliato fino al 1958 quando gli ultimi eredi Franco e Paolo Spinola hanno voluto donare questo gioiello, assieme ai supellettili, gli arredi, la quadreria, gli argenti e i libri allo Stato.
Con un unico vincolo, quello di mantenere l'aspetto di antica dimora nobiliare a testimonianza della civiltà dell'abitare.

E da qui voglio partire per raccontarvi una piccola perla costudita nella Galleria Nazionale di Palazzo Spinola.

Al piano mezzanino si trova una delle più rare testimonianze di cucina ottocentesca.
Cristallizzata come se il tempo non fosse mai trascorso.


Sul grande tavolo di legno, che troneggia nel mezzo dell'ambiente, sono esposte antiche copie di trattati di cucina, tra cui l'Artusi e i conti di cucina, debitamente compilati dal cuoco, a testimonianza dei regali banchetti che in questo luogo venivano preparati.



E così leggendoli, sappiamo che il cuoco Giuseppe Macchiavello il 24 giugno 1813 spese la stratosferica cifra di 464 lire per allestire il banchetto nuziale di Giulia Spinola, sorella di Giacomo, l'allora proprietario del palazzo, nel quale vennero servite ben 36 pietanze.
Oppure, un altro cuoco, per una cena invernale di qualche anno dopo, l'8 febbraio 1826 portò in tavola come primo piatto i principi della cucina genovese: i ravioli in brodo, seguiti da pasticcio di tordi, grigliada di cotolette, cappone bollito, rosto di pernice, e successivamente il pesce: ostriche e datteri di mare.
Come contorno, furono servite le trifole bianche, incursione francese dei tartufi nella cucina italiana, ma il cuoco probabilmente preferì quelli bianchi nostrani e pregiati di Alba.
Chiudono definitivamente il pasto, gelatina al Rhum e canestrelli.

Ma passiamo ai pezzi forti, il ronfò e la caldaia, dove ovviamente questi piatti venivano preparati.


Innanzitutto abbiamo davanti a noi un esempio spettacolare di cucina in muratura (detta ronfò in genovese) della quale vi ho già parlato nel post su Casa Valéry. Qui troviamo tutti gli elementi intatti, il forno a legna, la grixella, la griglia, sotto la quale ardevano le braci vive, pentole di terracotta, e in basso gli sportelli, che servivano per alimentare il fuoco con il carbone.

Da notare, la piastrellatura dei bordi in ceramica bianca (ciapelle) , una modenizzazione igienica per quell'epoca. Consentiva la pulizia della cucina in un batter d'occhio, infatti tutto quel carbone creava molta càize (fuliggine) e spesso questi ambienti risultavano anneriti.
In questo particolare si vede la grixella, aperta per esposizione, con sopra appeso una classica pügnatta de rammo, pentola di rame, appesa da una cadenha, catena, in modo che pietanza in essa contenuta non pigli o scotizzo, a diretto contatto con il fuoco.
O scotizzo, termine intraducibile della cucina genovese, sta a indicare quando, per esempio il minestrone, si attacca sul fondo e prende quel gusto di rifritto, di bruciaticcio, che, in questo caso non guasta, ma in altre pietanze potrebbe dar fastidio.






Accanto una selezione di utensili in ferro fanno bella mostra di se.

Da destra sono appesi:
una paletta o paetta, per raccogliere le braci,
un'altro utensile che serviva per tirare su i cerchi roventi della caldaia, rampin o feru da stiva,
e diverse misure di cassa, il mestolo di ferro,
ma pure una cassarea, la schiumarola. 

 




Altra particolarà è la caldaia: un sistema innovativo di tubi, tuttora visibili, forniva ai lavandini adiacenti l'acqua calda. Veniva inoltre anch'essa utilizzata per cucinare, grazie al suo piano superiore, sempre caldo.


A lato è presente un grande piano di marmo (a ciappa do lavello), tipico della cucina genovese, dove sono inclusi due grandi lavelli, lavandini, che io immagino affollato di povere sguattere, serve, intente ad arrüxentà (risciacquare) i piatti sporchi dei suntuosi banchetti nobiliari, ma almeno con l'acqua calda, proveniente dalla caldaia, e che usciva da questi preziosi bronzin, rubinetti, di ottone.


E attorno, completano la scena, bottiggie, bottiglie, arbanelle, vasi, pugnatte, pentole tutte rigorosamente di terracotta, che servivano sia per la cottura che per la conservazione degli alimenti.


Ma vedete nell'ombra quella ruota, di ferro sulla destra?
Stupidamente ho dimenticato di fotografarla meglio, sappiate che era un sistema innovativo di montacarichi, per far arrivare le vivande calde nelle sale da pranzo nei piani superiori e che nel 1915 Ugo Spinola, padre di Paolo e Franco i due donatori, lo fece mecanizzare elettricamente creando un sistema altamente tecnologico per l'epoca.


In una stanzetta attigua, si trovano un piccolo ronfò e un lavandino.
Pure un tavolo per impastare dove troneggiano gli strumenti tipici di quest'arte: u canello, il mattarello e u siasso, il setaccio usato per separare a fënha, la farina, dalle impurità.
Questa probabilmete, ma non è dato sapere, era una cucina per il personale di servizio. Oppure è stata successivamente spostata qua, per liberare altre sale e renderle più accoglienti.



Un piccolo anedoto, pare che fino al XVII secolo, e forse anche oltre, sguatteri e servi, dormissero tra le mura di questa cucina, dove le braci dei ronfò che si spegnevano riscaldavono l'ambiente ed era così più facile superare le rigide nottate invernali.

Eccoci arrivati alla fine del racconto.
Mi preme ringraziare il personale di Palazzo Spinola, che gentilmente si è offerto nel guidarci tra le sue sale.
In Piazza di Pellicceria 1, tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.00 (lunedì escluso) i gentili "custodi" di quest'antica dimora, vi condurranno tra le lussuose stanze di questo palazzo facendovene innamorare.

Indirizzo Utile:
Galleria Nazionale di Palazzo Spinola
Piazza Di Pellicceria 1
16123 Genova
 tel. 010 2705300



P.S. Dato che il genovese è una lingua che cambia da paese a paese, e spesso viene confusa con il ligure, mi preme specificare, che tutti i termini elencati in questo post sono tratti da:

- Vocabolario Domestico GENOVESE ITALIANO - 
di Padre Angelo Paganini 
scritto nel 1857
ristampato da De Ferrari Editore nell'anno 2000 con prefazione e appendice di Vito Elio Petrucci.

Per le date e le notizie storiche altra mia fonte preziosa è stata:

Genovesi a tavola nell'Ottocento
I Raggi e gli Spinola
a cura di Farida Simonetti
Sagep Editore, 2004 

Quindi, tutti i commenti sono ben accetti, specialmente se volete proporre nuovi termini, in base alla vostra provienienza...  ma non mi venite a fare predicozzi su come sono scritte le parole zeneize perchè son tratte da fonti ben attendibili e confutabili.















venerdì 26 febbraio 2016

GENOVA STORICA E GOLOSA: I QUARESIMALI

In questo particolare periodo dell'anno, denominato Quaresima, per le vie della città vecchia, si possono fare piacevoli incontri nella pasticcerie.
Perchè dover rinunciare a tutto durante la lunga penitenza, quando si possono mangiare dei dolcetti creati apposta per questa occasione, senza grassi animali.



I Quaresimali, a Zena, sono un'antica tradizione risalente al XVI secolo, quando le monache della Chiesa di San Tommaso decisero di preparare dei biscottini a base di farina di mandorle, zucchero e acqua ai fiori di arancio per rendere meno triste il loro digiuno.

Come mai un dolce a base di mandorle, in una terra così angusta dove di alberi di mandorlo non vi è alcuna traccia?
Il marzapane, fu importato a Genova in tempi antichissimi, ancora prima della scoperta dell'America, quando durante gli scambi commerciali eseguiti all'epoca delle Crociate, dalle colonie in Medio Oriente e a Bisanzio, giungevano in porto le navi colme di zucchero, frutta secca e panetti di marzapane.
Parliamo di cultura araba, risalente ancora prima della nascita di Cristo.
Ma non vi crediate che fosse mangiare per i poveri, il marzapane era riservato alle famiglie nobili, ai ricconi genovesi, i quali allietavano con questa delizia i loro lussureggianti banchetti. Al popolo ne rimaneva solo il sogno, o un assaggio, magari rubato durante lo scarico delle navi. 

Tornando a tempi più vicini a noi, e alle monache agostiniane di San Tommaso, nel XIX secolo, le autorità decisero di distruggere la loro chiesa per fare posto alla più moderna Piazza De Ferrari, e un pasticcere molto noto in città, Romanengo, proprio per non perdere la ricetta dei Quaresimali, decise di farla sua e proporre queste delizie nel suo negozio.

Oggi come in passato le vetrine del negozio espongono solo dolci quaresimali, tanto che, nel 1868 il "popolo d'Italia" giornale dell'epoca, scrisse : ...durante la Quaresima il suo laboratorio trovasi al massimo dell'attività per il grande smercio di marzapani di cui Romanengo non ha e non avrà mai rivali e di cui ogni buon cattolico può farsi una scorpacciata senza tema di dar poi gusto al demonio...

E se ci pensiamo oggi, con il senno di poi, fu anche una grandissima trovata commerciale quella del signor Romamengo, la produzione di quaresimali, durante i 40 giorni di penitenza cristiana, che nei secoli scorsi era osservata da quasi tutta la popolazione, gli avrebbe garantito introiti anche in un periodo di "magro" lavoro per la sua bottega.

E ora, trullo di tamburi, eccole le sue vetrine, quelle di Piazza Soziglia! Trionfano alzatine e piatti stracolmi di quaresimali!



Ma andiamo a vedere nel dettaglio quali sono i vari tipi di Quaresimali proposti dalla tradizione.
Abbiamo I CANESTRELLI, fatti con pasta di mandorle cruda. Una ciambellina lavorata rigorosamente a mano, imbevuta poi in una bagna di acqua di fiori d'arancio e decorata con mompariglia.
Poi c'e' IL MOSTACCIOLO; due piccole losanghe di marzapane di marzapane cotto, farcite di marmellata di fichi e decorate con zucchero semolato.
Infine, i più colorati, I MARZAPANI SULL'OSTIA, serviti sul classico pirottino a frange, vengono preparati con pasta di mandorle, poi cotti e infine riempiti di una dolce glassa di zucchero aromatizzata, a seconda del colore, con fragola, pistacchio, cacao e arancio.



Non vi resta che venire a Zena e assaggiarli!
Per scoprire le nostre tradizioni dolciarie secolari, alle quali "noialtri zeneizi" 
siamo molto legati.



L'indirizzo utile:

Antica Confetteria Pietro Romanengo Fu Stefano

-Via di Soziglia 74/76R
-Via Roma 51/53R

Genova 

www.romanengo.it





martedì 8 dicembre 2015

LA BÜTTEGHETTA MAGICA, DOVE TUTTI ABBIAMO SOGNATO AMMIRANDO LE SUE VETRINE

A Bütteghetta Magica, o la bottega dei presepi, chiamatela come volete è un punto di riferimento per tutti i genovesi che amino fare il presepe.



Questo piccolo negozio all'angolo tra Via della Maddalena e Vico Inferiore del Ferro, nel quartiere storico de La Maddalena, risale al 1830 come ci mostrano le lavagnette appese ai cancelli dell'entrata.

giovedì 12 novembre 2015

GENOVA STORICA E GOLOSA: LA POLLERIA ARESU

A Genova esistono botteghe che hanno una storia.
Non solo antica, nel senso che persistono da lunghi anni, ma anche storie di persone che fanno del loro lavoro una passione e una saggezza da tramandare di generazione in generazione.
Come la Antica Polleria Aresu, ovvero da Sergio e Anna.

Salite su da Piazza di Soziglia, infilatevi in quel budello che è via Macelli di Soziglia, piena di  negozietti che vendono ogni ben di Dio alimentare, continuate fino in fondo alla via, e fermatevi all'angolo, dove comincia Vico del Ferro, all'incrocio con Vico della Speranza.


Una piccola, ma fornitissima vetrina espone ogni tipo di merce possibile e immaginabile, lasciatevi tentare ed entrate.


Il signor Sergio con la moglie Anna, terza generazione, e i giovani coniugi Matteo e Silvia, quarta generazione vi accoglieranno a braccia aperte, consigliandovi il migliori tagli di carne bianca per le vostre cene.
E non fermatevi con lo sguardo, spaziate dal soffitto al pavimento: questo negozio è davvero uno splendore.


Sembra di entrare in un quadro del 500: le maioliche bianche alle pareti, risalenti al 1900, mensole e monili vari riempono la scena, ma il bancone, sarà colui che maggiormente catturerà il vostro sguardo. Splendido, di marmo bianco, circondato da losanghe verdi, risalente all'apertura dell'attività che non ha subito cambiamenti nel tempo.


La Bottega nasce nel 1910, quindi, siamo a ben 105 anni di attività, guardate che meraviglioso ricordo mi mostrano: la zia Maddalena all'opera nel 1958.


Osservate attentamente la manica sinistra della signora: ha una macchia. Il nipote Sergio mi rivela di quanto quel giorno sua cugina fosse arrabbiata a causa di quella macchia di sangue di lepre sul camice da lavoro. Nel 1958, la lavatrice, non era presente in tutte le case e come si sa, il sangue non è semplice da togliere dagli abiti.

Successivamente, Matteo, figlio di Anna e Sergio, con grande orgoglio, mi racconta di queste porte originali di legno che erano vere e proprie ghiacciaie: suo zio, negli anni '50, comperava i blocchi di ghiaccio, i quali, nelle porticine sottostanti, venivano infilati per assicurarsi 4-5 giorni di merce "al fresco".
Ora però sono state tramutate in fruigoriferi.
Roba di altri tempi, mi viene da chiedermi veramente, come si facesse a conservare la merce fresca, quando ancora non esistevano i frigoriferi..

.
...poi, spegne le luci e afferra un "aggeggio" particolare...
Uno specchiauovo! Unico nel suo genere, e penso che ne esistano davvero pochi in giro.


Mi racconta che quest'attrezzo, originale, prima alimentato da una candela, ora convertito all'elettricità, serve per controllare la freschezza delle uova.


Avvicina un'ovetto alla fessura con la luce e, sempre con la passione per il suo lavoro che lo contraddistingue, mi spiega come si può capire se un uovo è fresco. Mettendo l'uovo nell'incavo del cilindro illuminato, si vede in controluce la dimensione dell camera d'aria contenuta all'interno del guscio, tanto è più piccola e sottile, tanto più l'uovo è fresco.
Ma spiegata da me, perde un po' di poesia.


Nel frattempo, il padre Sergio, con la flemma del puro genovese, continua indisturbato a lavorare al suo banchetto, disossando conigli, facendo a pezzi faraone e quant'altro, con una maestria che possiede solo chi fa il suo lavoro da una vita.


Continuate ad osservare, qui è uno splendore per lo stomaco e per gli occhi.
Dietro il bancone, troverete antiche pentole di coccio, oramai in disuso, ma che signora Maddalena usava...  mentre sopra, a catenella sul soffitto, il viagra dei poveri, il peperoncino, dona ancora più allegria a tutto il locale.


Le uova bianche delle galline livornesi, ovvero le vere uova italiane, una volta, mi spiegano, erano tutte così, poi, sono state introdotte dall'estero quelle più beige che oggi utilizziamo comunemente sulla nostra tavola,


C'è veramente da perdersi, dietro i racconti e l'esperienza di questa famiglia.


Ma le sorprese non finisco qui. Non esitate a chiedere una ricetta! Matteo sfodererà un quadernino con le ricette della mamma tutte scritte a mano, e saprà donarvi la migliore per il vostro pezzo di carne appena comperato!


Spero di non aver dimenticato nulla, su quest'antica bottega.
Sappiate che verrete serviti da persone gioviali e molto disponibili in un clima di pura allegria! Con competenza, perchè dalla Polleria Aresu, si da veramente importanza al prodotto: i titolari, acquistano solo carni piemontesi che poi loro lavorano, quindi freschezza e qualità assicurata.

Che dite vi ho fatto venirte un poco di voglia di farci un salto?

Ah... dimenticavo, la ricetta di Anna, della Faraona al Verde, beh, secondo voi, potevo non farla? Più tardi il link!

E buon giro!

Polleria Aresu 
Da Anna E Sergio 
Vico Inferiore del Ferro 1
16123 Genova 
Tel. 0102474246