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mercoledì 28 marzo 2018

I CARCIOFI ALL'INFERNO

Nella settimana di Pasqua, non poteva mancare una ricetta tipica della Liguria: i Carciofi all'Inferno, un semplicissimo contorno, adatto ad accompagnare le più disparate preparazioni di carne.
Un contorno leggero, cucinato con i carciofi di Albenga, perché privi di barba interna che le mie nonne da sempre preparano a Pasqua. 
In casa però è sorto un dubbio amletico, scaturito leggendo la ricetta di questi carciofi su un vecchio testo di cucina genovese: noi li stufiamo in tegame, il libro suggerisce di utilizzare il forno.
Voi come li fate?

carciofi genovesi


Ingredienti per 4 perone: 

  • 8 carciofi di Albenga
  • un grosso ciuffo di prezzemolo
  • 2 spicchi di aglio
  • vino bianco q.b.
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale q.b.

Pulite i carciofi, eliminate le foglie dure più esterne, quindi tagliatene la cima; dovrete lasciarli molto alti, circa 6-7 cm di foglia, assicuratevi di togliere le più coriacee. 
Eliminate i gambi, e tagliate piatto il fondo dei carciofi, così che possano rimanere in piedi in un tegame durante la cottura. 
Lasciate tutto a bagno in abbondante acqua acidulata con il succo di un limone. 
Tritate il prezzemolo finemente assieme agli spicchi d'aglio, mi raccomando eliminate l'anima a quest'ultimo. 
Riprendete i carciofi e, a uno a uno, scavateli al centro con le mani e allargate le foglie più esterne. Riempiteli con abbondate trito di aglio e prezzemolo. 
Prendete una casseruola e copritene il fondo con un filo d'olio extravergine d'oliva, aggiungete un centimetro d'acqua e mezzo bicchiere di vino bianco, quindi adagiate a testa all'insù i carciofi posizionandoli ben stretti in modo che rimangano in piedi. 
Spolverizzate con un pizzico di sale e cuocete a fuoco medio per circa 15 - 20 minuti, fintanto che i carciofi saranno teneri e che l'acqua su fondo tutta assorbita. 
Servite a piacere, caldi o freddi. 





































































lunedì 19 marzo 2018

PICCOLI FLAN DI MICCI (NAVONI) E SALSA ALLE ACCIUGHE

In genovese si chiamano micci o nauin. In italiano, semplicemnete navoni e sono una varietà di cavolo dalle foglie bluastre - verdi dei quali si usa consumare la radice che si presenta tozza e allungata.
I navoni ricordano vagamente una patata: hanno la buccia sottile e la loro "pasta" interna è gialla, il sapore delicato e pungente allo stesso tempo, a mio parere può forse ricordare quello dei topinambur passati nell'aglio.
Un ingrediente molto interessante e versatile per noi appassionati di cucina che purtroppo, facciamo molta fatica a reperire a causa della poca richiesta: l'altra sera mio suocero, appena li ha visti in cucina si è sentito mancare; gli hanno ricordato la guerra, - mia madre ne portava quintali a casa, ricordo ancora l'odore pungente che sentivo appena salite le scale, e poi li mangiavamo bolliti, con un po' di sale, ricavato ovviamente, facendo evaporare l'acqua del mare...-
Nel ponente genovese oramai sono rimasti solo due contadini a coltivare questi cavoli, nella valle Cerusa (alle spalle di Voltri per intenderci) quindi potrete immaginare la fatica che faccio a reperirli durante la stagione migliore per i navoni, ossia l'autunno e l'inverno.
Per celebrare i micci (navoni) in degna maniera, ho voluto adattare una ricetta del flan piemontese di cardi, "genovesizzandola" il più possibile!

micci

venerdì 16 marzo 2018

TAGLIATELLE DI CASTAGNE ALL'ANTICA E TANTO #ORGOGLIOPESTO

Benvenuti nella settimana più verde dell'anno!
Sopratutto qui in Liguria dove, dallo scorso lunedì 13 marzo sono cominciati i festeggiamenti e la raccolta firme per la candidatura a Patrimonio dell'Unesco del Pesto Genovese.
Cari lettori, parliamoci chiaro: lo è la pizza, perché non può esserlo anche la nostra amata "salsa"?
Una settimana densa di appuntamenti, tutti consultabili QUI, culminante sabato con "Il Campionato Mondiale del Pesto al Mortaio". 
E su questo blog, tornato online dopo qualche mese, voglio festeggiare questa settimana speciale con un piatto da #orgogliopesto che viene dall'entroterra genovese. 
Una volta, quando la farina di frumento era preziosa quanto l'oro e scarseggiava, si preparava la pasta fresca mescolandola con la farina di castagne, reperibile in quantità decisamente più abbondanti e assai più calorica. 
All'uso, quando magari terminavano pure le patate, si usava sostituirle con i cavoli navoni, dei quali vi parlerò nel prossimo post, condendo tutto con abbondante pesto e portando in tavola un ottimo piatto sostanzioso con quello che la campagna forniva.



Ingredienti per 4 persone

  • 150 g di farina di castagne 
  • 350 g di farina 1
  • un uovo 
  • poca acqua 
  • sale. 
Per condire
Pesto genovese (post vecchissimo per ottenere un pesto decente con il frullino)
Un piccolo cavolo navone 

Setacciate entrambe le farine sul piano di lavoro e disponetele a fontana. 
Rompetevi nel mezzo un uovo, aggiungete un bel pizzico di sale e cominciate a impastare aggiungendo pochissima acqua, tanta abbastanza da avere una pasta soda e compatta. 
Attenzione a non aggiungere troppo liquido, in cottura le tagliatelle si romperanno. 
Formate una palla e avvolgetela nella pellicola. Lasciate riposare tutto in frigorifero per almeno mezz'oretta. 
Nel frattempo pelate il navone e tagliatelo a cubetti non troppo grossi, lavate bene sotto l'acqua corrente e tenete da parte. 
Riprendete la pasta, ora avete due soluzioni:
1 - Utilizzando il mattarello, stendete la pasta dello spessore di 2 mm circa, poi arrotolatela su se stessa e, con il coltello, tagliate tante strisce regolari, così da ottenere tante tagliatelle. 
2 - Stendete la pasta con la classica Imperia, l'attrezzo universale delle nonne, non troppo sottile, mi raccomando: con la mia macchinetta, sono solita fermarmi a metà dei numeri dello spessore. Successivamente utilizzate il rullo per le tagliatelle. 
Scaldate abbondante acqua in una pentola capiente, salatela e, una volta che bolle, buttatevi i navoni a cubetti. 
Trascorsi 5 minuti, tuffate le tagliatelle e cuocetele, avendo cura di mantenere il bollore dell'acqua basso. 
Assaggiate per stabilire il vostro grado di cottura preferito, a noi piacciono al dente, quindi trasferite tutto in una capiente ciotola e condite con abbondate pesto. 

mercoledì 6 dicembre 2017

FRISCEU LIGURI E IL LIBRO LIEVITATI DI LIGURIA

I frisceu genovesi sono semplici frittelline di acqua, farina e lievito. 
Un classico della Liguria, il vero street food made in Genova. Tra i vicoli del capoluogo, specialmente in Sottoripa, resiste ancora La Friggitoria Carega, che ogni giorno, frigge quintalate di impasto per frisceu, condito anche con cipolline o lattuga. 
fonte www.sagep.it
In occasione delle prossime feste natalizie, mi sono voluta fare un piccolo regalo in anteprima: il libro Lievitati di Liguria, dolci e salati, delle mie amiche Ilaria e Valentina
Un libro davvero interessante, che racchiude tra le sue pagine l'essenza della cucina ligure, raccontando storie, aneddoti e leggende su ogni ricetta proposta. 
In questa piccola "bibbia" dei lievitati liguri, le ricette sono originali e, dove ve ne fosse il caso, rispettano addirittura l'indicazione del disciplinare; troverete la focaccia declinata in tutte le sue varianti, il pandolce, alto e basso, le olandesine, i chiffari e l'ottimo pane di Triora, ma anche quei prodotti tipici di alcuni paesini, sconosciuti ai più, come la galletta del marinaio, la revzora di Campoligure o la micchetta di Dolceacqua.
E a pagina 50 ho trovato una dimostrazione perfetta per riprodurre quelle famose frittelline, ovvero i frisceu, che hanno contraddistinto la mia infanzia: ad ogni festa di paese non poteva mancare il classico "banchetto" che "spacciava sacchettate" di bollenti fritti.
Frisceu per tutti i gusti: aperitivo e merenda, sono sempre ottimi!

venerdì 1 dicembre 2017

CAPESANTE GRATINATE AL BURRO E PEPERONCINO

Venerdì primo dicembre: primo giorno dell'avvento, meno 24 giorni a Natale!
Siete contenti? Io preferisco astenermi...
Comunque, oggi per dare il benvenuto al periodo natalizio, vi lascio la ricetta delle Capesante gratinate che in famiglia piace tantissimo.
Una preparazione un po' demodé, ma è stato un colpo di fulmine, tanto che ogni anno viene ripetuta o per la Vigilia di Natale o per la cena di San Silvestro.
Se non siete pratici nell'apertura delle conchiglie Saint - Jacques (come le chiamano i francesi) vi consiglio di farvi aiutare direttamente in pescheria, ma mai di acquistarle già pulite: con tutte le schifezze chimiche che girano al giorno d'oggi, non si ha la certezza di cosa possano usare i venditori disonesti per mantenere l'apparenza di "fresco".



giovedì 9 novembre 2017

SAS PANAFITTAS AL PESTO DI BASILICO E POMODORI FRESCHI

Il mio amore per Sas Panafittas è nato quest’estate in Sardegna durante una gita ad Aggius.
Anche se non è un piatto tipico della zona, Sas Panafittas, mi ha talmente incuriosito ed entusiasmato che, ho dovuto portare a casa ben 2 pacchi dell’ingrediente principale, ovvero il pane.
Questa antichissima preparazione, nasce ad Ozieri, in pieno Logoduro, più o meno da qualche parte nel centro – nord Isola, quando nei secoli scorsi, ma ancora oggi, si preparava la tradizionale spianata, o meglio Su Panefine:  un pane a lunghissima conservazione a base di acqua, farina di semola, lievito madre e cotto nel forno a legna.  Conservato nelle cassapanche, dove per lungo tempo manteneva la sua particolare morbidezza, ben presto, divenne elemento principale dell’alimentazione del luogo , perché, una volta raffermo veniva riciclato come Panafittas, ovvero tagliato a triangoli, bollito come la pasta e condito a strati con sa bagna, la salsa di pomodoro e abbondante pecorino grattugiato.
Oggi, nelle più fornite botteghe della Gallura, si possono trovare dei sacchi di Panafittas belli pronti per esser cucinati e conditi secondo la propria fantasia, anche se i condimenti tradizionali, oltre a sa bagna, rimangono, olio e pecorino oppure  funghi trifolati.


lunedì 6 novembre 2017

POLPETTE ALLE ZUCCHINE CON POMODORINI E BASILICO

Non so come mi sia uscita fuori sta ricetta delle polpette.
Anzi lo so, ero in puro delirio da dieta e volevo qualcosa di buono e leggero. Da qui è scatturita la voglia di cucinare queste pallottoline di carne e zucchine al vapore.
Non prendetemi per pazza, ma in questa casa, se io sono a dieta, Marito è solidale, ma fino a un certo punto.
Oggi non son di molte parole.
È lunedì, fa veramente freddo per la prima volta dopo secoli, tira un vento gelato che ti entra pure nelle narici, e un po' mi girano.
Sappiate che queste polpette sono buone, leggere, ma se prima di passarle nel sugo le rosolate in padella, saranno ancora più buone. 
Beccatevi la ricetta e buona settimana!



martedì 31 ottobre 2017

BOEUF BOURGUIGNON

Ebbene si, sono caduta pure io nel tunnel del boeuf borguignon.
La ricetta più famosa al mondo, dopo la pizza, resa celebre ai più, dal film Julie&Julia, è approdata pure nella mia cucina.
Per preparare questo succulento piatto, bisogna avere un po' di tempo e, sopratutto, una fondamentale pirofila di ghisa, che può essere una Le Creuset, o altra marca, ma che permetta il passaggio dal fornello alla lunga cottura nel forno. 
L'altro venerdì, ho mandato Marito a comprare un bel pezzo intero di scamone (che noi a Zena chiamiamo Cascia) e quando arrivato a casa, ho sparato a mille su Netflix il film Julie&Julia, libro The Mastering Art of French Cooking alla mano e, infine una buona bilancia con convertitore libbre - grammi, ho cucinato sto benedetto beouf. 
A esser sincera, ho alleggerito la ricetta del burro, non abbiatene a male, ma lo stomaco mio e dei commensali, non avrebbe retto al colpo. Capisco anche Julie Powell quando dice che il burro non è mai abbastanza, e pure con ragione; ma in quella particolare giornata non mi sembrava il caso. Inoltre ho evitato di usare la cotenna della pancetta, che prima va leggermente sobollita, perchè scusate, quello è un lavoro che proprio non riesco a soffrire. 
Ora, fossi in voi, proverei a cucinare questa ricetta, ed è proprio vero che vi farà esclamare: - Gnam! - appena un cubo di carne rosolata e cotta nel vino vi si scioglierà in bocca; non è poi neanche molto difficile: è solo un procedimento abbastanza lungo, ma molto divertente e gratificante. 


venerdì 15 settembre 2017

LE FRITTELLE DI BACCALÀ

Le frittelle di baccalà sono una di quelle ricette prelibate presenti in quasi tutta la cucina italiana.
In Liguria, siamo grandi estimatori dei fritti, infatti non c'e' friggitoria, o gastronomia che non le prepari. Una su tutte, se venite in quel di Genova, è la Friggitoria Carega, in Sottoripa, negozio storico che ogni giorno prepara queste delizie ancora come Dio comanda!
In pratica le frittelle di baccalà genovesi, sono fatte immergendo un bel pezzettone di pesce all'interno di una pastella formata da acqua e farina e successivamente fritte.
Io le preparo in maniera leggermente diversa.
Inanzi tutto, le mie sono molto più piccole rispetto a quelle tradizionali, e all'interno mi piace sfaldare il baccalà, in modo che il pesce rimanga distribuito in tutta la frittella,  non solo al centro come per quelle "zeneizi".
In secondo luogo, su consiglio della mia nonna, detentrice del titolo di "migliori frittelle di baccalà al mondo", di origini mantovane, ma pure nel suo paese usano molto cucinare il baccalà, metto nella pastella una bella grattata di noce moscata e sopratutto, niente lievito di birra, solo un poco di bicarbonato di soda.
Potete cercare ovunque, una ricetta "dogma" per la pastella non esiste, ognuno la prepara a modo suo, secondo le proprie esigenze.
Questa è la ricetta della "Signora delle frittelle di Baccalà", alias mia nonna Cisa, che a un certo punto della sua vita ha deciso di smettere di friggere, ma da quando ha capito che Marito ne va pazzo, non si sa come mai, appena andiamo a mangiare a casa sua, ne sforna almeno una trentina tutte per il suo nuovo nipotino adorato... 


martedì 29 agosto 2017

LE TOMAXELLE, O TOMASELLE, GENOVESI COME SI MANGIANO DA ANNI IN FAMIGLIA

Le tomaxelle o tomaselle, sono un secondo piatto molto prelibato della cucina genovese.
In pratica, degli involtini di carne di vitello, ripieni e stufati poi, in tegame con vino bianco e pomodoro.
Ma oggi non voglio darvi la ricetta classica, quella riportata sui libri vecchi libri di cucina genovese, quelli odierni purtroppo, tranne in alcuni rari casi, snobbano allegramente le prelibate tomaxelle; oggi vi riporto fedele la ricetta della mia nonna. Lei le chiamava tomaxelle, sinceramente non so se possono essere definite tali, ma a me piace continuare a mantenere questa tradizione.
Inoltre le utilizzava come primo e secondo. In pratica aggiungeva al pomodoro una bella manciata abbondante di piselli freschi (o congelati) e dopo aver stufato tutto, teneva da parte la carne con un poco di sugo da utilizzare come secondo, e con il restante condiva delle tagliatelle fatte in casa che risultavano infine divine.
Ma noi andiamo sul più semplice, dedichiamoci alla sola preparazione degli involtini, intanto vi ho dato un'idea in più per un pranzo domenicale: se volete farci uscire anche la pasta considerate di aggiungere a tempo debito un po' più di salsa ci pomodoro. 

tomaselle genovesi


lunedì 21 agosto 2017

IL PASTICCIO CARLOFORTINO

Il Pasticcio Carlofortino, un piatto dell'Isola di San Pietro, simbolo dell'unione forte e generazionale tra due paesi distanti l'uno dall'altro 700 km: Pegli (delegazione genovese) e Carloforte (CA). Oggi ve ne racconto storia e ricetta. 

pasta alla carlofortina

mercoledì 16 agosto 2017

LA PIZZALLANDREA

Una ricetta molti nomi: a Imperia "Pizza all'Andrea o Piscialandréa", a Nizza "pissaladiera", a Ventimiglia "pisciadèla" a Sanremo "Sardenaria", insomma l'antenata ligure della pizza napoletana.
E ogni paese la denomina e la prepara con sfumature completamente diverse. Quel che è certo che non possono mancare cipolle e pesci salati.

pissalandiere pissalandrea

Esistono diverse leggende a riguardo l'etimologia di questa preparazione, la più diffusa forse è quella che l'Ammiraglio Andrea Doria, goloso di torte e focacce, ed estimatore della cucina ligure.

mercoledì 14 giugno 2017

CAPPONADDA, MANGIARE DI MARINAI E NON SOLO

La Capponnada è un’insalata ligure, basata su ingredienti della cucina povera e dalle origini antiche che col tempo però, è diventata una prelibatezza e quasi un lusso per i palati fini.

La ricetta ha bisogno di un ingrediente fondamentale: le gallette del marinaio, ovvero dei mattoncini di pane biscottato che si conservano nel tempo;  il loro nome, deriva dal fatto che queste gallette erano imbarcate sulle galee e sui “barchi” durante i viaggi che i marinai genovesi compivano oltremare. E proprio per la loro durabilità nel tempo erano uno dei cibi più consumati da pescatori e lupi di mare. 

gallette del marinaio

martedì 6 giugno 2017

SATELLITE SARDEGNA: LA SUPA CUATTA, ROBA SERIA

Con il ritorno della bella stagione, ripropongo volentieri su queste frequenze la mia rubrica: SATELLITE SARDEGNA. E cominciamo subito con una ricetta davvero particolare, chi almeno una volta è stato in Gallura, conosce sicuramente: "La Zuppa Gallurese". Amo definirla, la sintesi del popolo sardo, per i profumi e le emozioni che da essa si sprigionano al palato assaporandolo.


martedì 30 maggio 2017

INSALATA DI FRUTTA E ROBIOLA CON COUS COUS CROCCANTE

Caldo estivo, voglia di ricette fresche, semplici ma allo stesso tempo deliziose da proporre ai nostri ospiti. 
E il connubio frutta e formaggio è uno di quei classici abbinamenti che portati in tavola fanno sempre bella figura.
Ora se volete dare un tocco etnico a questa ricetta fresca, vi consiglio di aggiungere le cialdine di cous cous che più avanti vi spiego come fare. Se invece vi piace di più rimanere sul tradizionale, abbondate di nocciole tostate! 



sabato 27 maggio 2017

SEPPIE TENERE AL POMODORO E VINO BIANCO

Di ricette di seppie al pomodoro se ne trovano un'infinità, queste sono davvero prelibate!
Il libro "la Cucina di Vefa" direi essermi stato di molto aiuto, infatti questo piatto è tratto dal quel volume, ma la particolarità di questa ricetta è proprio data dalla morbidezza che le seppie assumono in cottura. 
Popolo della rete, sbizzarritevi a preparare le seppie al pomodoro e vino bianco ora che è la stagione perfetta per questi molluschi, converrete con me che saranno le più morbide che abbiate mai assaggiato!
Chiedo scusa per la foto, è orrida, ma è venuto tardi, il sole avevo fatto già capolino dietro la collina e mi sono arrangiata con un faretto sul tavolo...


mercoledì 16 novembre 2016

CORATELLA DI MAIALINO DA LATTE

E se è proprio vero che del maiale non si butta via nulla, oggi vi racconto della coratella di maialino. 
Una ricetta che ho atteso ben due anni per poter riprodurre e postare (clicca qui), ma che per motivi tecnici, ossia la reperibilità del prodotto, sono riuscita a eseguire solo lo scorso fine settimana, quando dalla Sardegna mi è giunta una bella metà di maialino da latte da arrostire. 
Per chi non la conoscesse, con il termine coratella, si intendono tutte le frattaglie dell'animale, cuore, fegato e polmone, che cotte assieme alla carne in forno, risulterebbero asciutte e "stopacciose", quindi solitamente vengono prelevate e cotte a parte in svariati modi. 
Per esempio:  il mio fidato macellaio in terra sarda, Stefano, dispensa sempre un sacco di ricettine semplici e sfiziose, adatte a non sprecare mai nulla, e questa preparazione mi è stata consigliata da lui, con una raccomandazione: niente aceto, come si fa normalmente per il fegato alla veneziana, la coratella è molto dolce, e l'acidità dell'aceto di vino bianco ne comprometterebbe il suo originale sapore.
Sono gusti molto particolari, e capisco pure che le interiora non piacciano a molti anche se molto nutrienti, ma quelle di maialino da latte, posso assicurarvi essere molto delicate e in cottura assorbono divinamente tutti i profumi degli ingredienti con i quali sono cucinate. 



Ingredienti per 4 persone
  • 300 - 400 g di coratella di maialino
  • 2 cipolle bionde
  • uno spicchio d'aglio
  • un bicchiere di vino bianco
  • 4 foglie di alloro
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale e pepe nero di mulinello q.b.

Lavate le interiora sotto l'acqua corrente, poi asciugatele e riducetele a pezzetti.
Pelate le cipolle, tagliatele a metà e affettatele sottilmente.
In una larga padella versate due cucchiai di olio extravergine d'oliva, unite l'aglio e le foglie di alloro e fate scaldare.
Aggiungete ora le cipolle, rosolatele a fuoco moderato finché saranno appassite e in ultimo versate la coratella.
Alzate il fuoco, fate dorare bene tutti i pezzetti di carne, sfumate con il vino bianco quindi, abbassate il fuoco e portate a termine la cottura cuocendo ancora per circa 15 minuti.
Infine salate, pepate a piacere e portate in tavola bello caldo.

giovedì 3 novembre 2016

POLPETTE CON SALSA DI MELE COTOGNE ALLA BIRRA

Ieri vi ho parlato delle cotogne sotto forma di mostarda, oggi seguendo il filone frutta dimenticata, vi propongo una ricetta salata.
Polpette di carne mista manzo e maiale, accompagnate da una salsina agrodolce a base di mele cotogne speziate sfumate alla birra.... e che birra!
Parliamo della Birra Dolomiti Pils, di Fabbrica di Padavena, una birra strettamente legata al territorio nella quale viene fabbricata, proprio come si evince dal nome. 
rigide regole disciplinano la produzione di questa birra: rispetto del territorio circostante e utilizzo di materie prime locali, creano una Birra a KM Vero. 
Le migliori risorse delle Dolomiti: l'acqua, il territorio e le sapienti mani degli agricoltori, permettono ai mastri birrai di creare una birra a mio parere veramente eccezionale.
E dove trovare la Birra Dolomiti? In questi giorni vi aspetta a Merano dal 4 all'8 Novembre al Merano Wine Festival, nello stand di Fabbrica di Padavena!

mele cotogne birra dolomiti

Ingredienti per 4 persone 

Per le polpette
  • 200 g di carne di vitellone tritato
  • 200 g di salsiccia di suino
  • un uovo grande 
  • un cucchiaio di pane grattugiato
  • peperoncino in fiocchi q.b.
  • 2 centimetri di radice di zenzero fresca
  • farina q.b.
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale e pepe q.b.
Per la salsa
  • 2 grosse mele cotogne 
  • una piccola cipolla bionda
  • il succo di  un limone
  • 2 centimetri di radice di zenzero fresca
  • 6 semini di cardamomo pestati
  • un bicchiere di Birra Dolomiti Pils 
  • un cucchiaio raso di zucchero semolato
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale e pepe nero q.b.

Semi di melograno e prezzemolo tritato per decorare 

Cominciate preparando le polpette: con le mani impastate le due carni, unite un pizzico di sale, un cucchiaino di peperoncino, lo zenzero tritato e il pane grattugiato.
Aggiungete un uovo intero e amalgamate tutto, in modo da ottenere un composto sodo e omogeneo. 
Formate delle polpette della grandezza di una pallina da golf, passando un poco di impasto tra le mani leggermente unte. 
Ad una ad una, una volta pronte, passatele tra la farina. 
Scaldate un filo d'olio extravergine d'oliva in una larga padella e rosolatevi le polpette in modo da dorarle bene da tutti i lati. Infine asciugatele  dall'olio in eccesso su carta assorbente
Ora dedicatevi alla salsa: pelate e tagliate a metà le due mele, quindi immergetele in acqua acidulata con il succo di limone. 
Tritate finemente la cipolla e rosolatela in una casseruola assieme 3 cucchiai di olio extravergine d'oliva.
Aggiungete la polpa di una mela passata al mixer e tritata molto finemente quindi saltate tutto a fuoco vivo, infine unite la birra e fate sfumare. 
Unite alla salsa lo zucchero, i semini neri di cardamomo leggermente pestati, lo zenzero tritato, un pizzico di sale e il pepe nero macinato, mescolate bene e unite il bicchiere di Birra Dolomiti Pils. 
Sfumate la birra e adagiate delicatamente le polpette precedentemente rosolate.
Coprite la casseruola con il coperchio, abbassate la fiamma e lasciate cuocere a fuoco molto lento per almeno 15 minuti.
Nel frattempo tagliate la mela cotogna rimanente a cubetti non troppo grossi, tritate finemente un grosso ciuffo di prezzemolo e sgranate i semi di mezzo melograno.
Trascorsi i 15 minuti, unite alla casseruola con le polpette i cubetti di mela e terminate la cottura, a fuoco moderato, mescolando spesso. Se la salsa dovesse asciugarsi troppo, versate mezzo bicchiere di acqua calda. Quest'ultima operazione non dovrebbe richiedere più di 7-8 minuti, in quanto le mele cuociono molto velocemente.
Versate la salsa a base di mela cotogna su di un bel piatto di portata, adagiatevi sopra le polpette e decorate con i semi di melograno e il prezzemolo tritato.
Servite ben caldo, accompagnando con fiumi di Birra Dolomiti Pils. 

mercoledì 2 novembre 2016

MOSTARDA DI COTOGNE O MOSTARDA MANTOVANA DELLA MIA NONNA

Mela cotogna o solo cotogna?
Più conosciuta con il primo nome, questo antichissimo frutto autunnale fa parte di quegli alimenti dimenticati. Il cotogno, originario dell'Asia Minore era già coltivato dai Babilonesi nel 2000 a.C. ed è arrivato a noi grazie ai Greci che la consideravano la pianta di Afrodite e persino in epoca romana Catullo e Virgilio la citarono nei loro testi. 

Ma come mai, negli ultimi anni è caduta nell'oblio? Il cotogno produce due diversi tipi di frutti: maliformi (a forma di mela) e piriformi (simili alle pere) che oltre a essere ricchi di vitamine e sali minerali, hanno la sfortuna di essere molto delicati, quindi poco inclini ai trasporti e sopratutto veramente duri al taglio e leggermente aspri. 

mostarda di mele

Le cotogne hanno una pelle sottile e di color giallo intenso, ricoperta da una sottile peluria beige, ma la loro caratteristica più interessante è quella di sprigionare un profumo fruttato e floreale davvero delizioso, tanto che nei tempi passati erano usate come profumatore naturale per la biancheria. 

Veniamo ora all'utilizzo in cucina. 
Il sapore acre della cotogna, non è gradito al nostro palato e solitamente viene cotta abbinata ad abbondanti dosi di zucchero nelle preparazioni dolci quali marmellate, confetture o la famosa cotognata, una gelatina dura di questi frutti, che si ottiene facilmente anche grazie al generoso apporto di pectina presente all'interno, 
Di recente ho scoperto una ricetta anche salata, che vi svelerò solo domani. 
Dalle parti di Mantova, terra originaria della mia nonna (precisiamo: lei è nata teoricamente in provincia di Cremona, ma in un comune limitrofo all'inizio della provincia mantovana, quindi forse neanche lei sa da che parte stare), da secoli producono una mostarda, che non ha nulla a che fare con quella francese, proprio di mele cotogne e che è ottima gustata assieme a taglieri di formaggi e salumi, oppure per accompagnare un bollito di carne misto. 
Settimana scorsa, è arrivata a casa mia una borsa piena di mele cotogne dell'albero del giardino di nonna, e dato che lei, un po' per i doloretti, vuoi un po' l'età, sono anni che non prepara più questa ricetta, mi ha consigliato di confezionare questa mostarda davvero particolare. 


mele cotogne

La preparazione della mostarda mantovana si suddivide in 4 giorni, ma questo no deve spaventarvi, non è laboriosa come ricetta, occuperà solo un'ora in totale del vostro tempo, il resto è solo riposo. 
Unico piccolo neo è reperire uno degli ingredienti fondamentali: l'olio essenziale puro di senape per uso alimentare. Generalmente si compra in farmacia, ma solo le più fornite lo hanno subito disponibile, le altre vi faranno attendere qualche giorno per averlo. 
Altra nota importante sull'olio essenziale di senape, è che dovrete maneggiarlo con molta cura, perché come tutti gli oli puri, è tossico, quindi vi consiglio vivamente di adoperarlo solo indossando guanti, mascherina e occhiali. 
Per il resto, sarà tutto in discesa. 
Ecco la ricetta della nonna.

mostarda mantovana

Ingredienti per 2 vasetti da 500 g

  • 1 kg di fettine di mele cotogne (indicativamente 10 mele, dipende dalla loro grandezza)
  • 500 g di zucchero
  • il succo di un limone
  • olio essenziale puro di senape

Lavate le mele sotto l'acqua corrente per eliminare tutta la "barba", asciugatele molto bene ed eliminate la buccia con un pelapatate. 
Con un ottimo coltello affilato, tagliatele a metà, eliminate il torsolo e tagliate le mele a fettine spesse mezzo centimetro. 
Le mele cotogne ossidano molto velocemente, quindi vi consiglio di compiere questa operazione una mela alla volta e appena finito di metterle in un recipiente di vetro con il succo di limone, così da non farle annerire troppo. 
Una volta raccolte 1 kg di fettine nel succo di limone, aggiungete lo zucchero e coprite il recipiente. 
Lasciate riposare per 24 ore. 
Il giorno successivo, scolate il succo prodotto dalle mele in una pentola, e scaldatelo sul fuoco. Dal momento che bolle, fate addensare il succo per 10 minuti, quindi ricolatelo sulle mele ancora caldo. 
Fate riposare per 24 ore. 
Il terzo giorno ripetete l'operazione precedente. 
Fate riposare altre 24 ore.
L'ultimo giorno, versate succo e mele in pentola, quindi mettete tutto sul fuoco e fate bollire altri 10 minuti, non di più altrimenti farete la marmellata. 
Lasciate raffreddare completamente. 
Ora prendete l'olio essenziale di senape e, con le dovute precauzioni, versatene tante gocce quanto è il vostro grado di sopportazione del piccante:
  • 10 gocce per una mostarda leggermente senapata, delicata e più dolce,
  • 16 gocce per una mostarda tosta, 
  • 20 gocce per una mostarda strong (della serie ci piace piangere quando la mangiamo)

Mescolate bene e sistemate nei vasetti, coprendo bene le fette di mela con il loro succo.
Se desiderate conservare a lungo la mostarda, vi consiglio di sterilizzare i vasetti.

Buon lavoro!

venerdì 15 gennaio 2016

TI RACCONTO ZENA E I SUOI CARUGGI: VICO DELL'OLIVA E IL GALLETTO ARROSTO CON LE OLIVE DELLA RIVIERA

Oggi parliamo di Vico dell'Oliva: quando vi ho detto che i nomi dei caruggi genovesi sono davvero particolari, non scherzavo!
E poi mi da sicuramente un bello spunto per consigliarvi una ricetta invernale, davvero squisita, che oggi, trae ispirazione dalla pura cucina genovese.
Partiamo da Sottoripa, prima o poi ve ne dovrò parlare, perchè la nomino spesso, e, a mio parere è davvero fantastica, all'inizio dei portici, lato Piazza Raibetta, un piccolo stretto caruggio, si infila nella città vecchia.


Subito, intersecato da altre vie, si apre un po' di più al centro per mostrarci una piccola e minimalista edicola dedicata all'Immacolata, datata circa al XVIII secolo.


Un poco più avanti, tra i palazzi ricostruiti dopo i bombardamenti del 1942, troviamo un antico loggiato, oramai murato risalente al XV secolo.


E sotto una serranda: incastonata in una cornice di decori, putti e stemmi in marmo davvero affascinante. Cosa davvero insolita perchè la maggior parte dei sovrapporta del XIII secolo che si trovano tra le vie della città vecchia, sono in pietra di promontorio.


Si tratta di palazzo Grimaldi-Oliva, due grandi famiglie genovesi e da qui forse il nome del vico, ma altri pensano che la toponomastica derivi proprio dalla "chiappa dell'Olio", ossia il punto dove le navi scaricavano l'olio, circa nel 1300, secolo più secolo meno, che sorgeva nell'antistante piazza della Raibetta.


Come sovrapporta troviamo un magnifico bassorilievo che ci ricorda le vicende di San Giorgio.


Rammentando a tutti i passanti di quanto Genova fosse "Superba", San Giorgio tiene sul braccio lo stemma della città.
Ai lati della scena, due stemmi identici, probabilmente della famiglia Oliva, sono sorretti da piccoli bambini nudi, senza ali. 
Saranno stati originariamente putti, a cui, nei secoli qualcuno ha mozzato le ali, o è semplicemente opera dell'ignoto autore?

Sensazionale, quanta storia tra quattro mura, in un piccolo vicolo della città vecchia, a ridosso del porto.


Dunque ora veniamo alla nostra ricetta: il Galletto con le Olive.
A mio parere un ottimo piatto da portare in tavola la domenica, si cuoce praticamente da solo. Magari non dimenticatevelo, che poi brucia...


Ingredienti per 4 persone
  • un galletto ruspante di circa un chilo pulito dalle interiora
  • 100 g di olive taggiasche
  • 50 g di pancetta arrotolata
  • una costola di sedano
  • una carota
  • 2 scalogni
  • un bicchiere di vino bianco
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale e pepe nero di mulinello q.b.

"Sbruciacchiate" il galletto passando la sua pelle sopra la fiamma del fornello, così da eliminare tutte le piumette rimaste. Lavatelo, internemete ed esternamete, e asciugatelo con carta assorbente.
Tritate il sedano, la carota, la cipolla e la pancetta, molto finemente, quindi soffriggeteli assieme a 4 cucchiai d'olio extravergine d'oliva, in una larga casseruola dai bordi alti.
Una volta appassito il soffritto, adagiate il galletto in pentola, e, con delicatezsza, rosolatelo su tutti i lati.
Sfumate con un bicchiere di vino bianco.
Ora unite le olive e lasciate cuocere per almeno un'ora e mezza con il coperchio, controllando ogni tanto che il sugo non si asciughi. Se dovesse capitare unite un poco di brodo vegetale. Aggiustate di sale e pepe.
Infine togliete il coperchio, rigirate il galletto e cuocete ancora una mezz'ora abbondante.
Servite il galletto a pezzi, con il suo sughetto di cottura, le olive e tante belle patate arrosto.