Genova è una città antica e misteriosa.
E ancora di più lo è il suo centro storico, uno dei più vasti in Europa e ricco di vicoli e vicoletti, più o meno stretti che racchiudono storie, misteri che solo se sei un genovese puoi conoscere.
Così, da oggi, una volta alla settimana vi porterò alla scoperta degli angoli più reconditi della mia città con la rubrica TI RACCONTO ZENA E I SUOI CARUGGI.
I nomi dei vicoli, per lo più ricordano mestieri, profumi, sapori, e ognuno, diverso nel suo genere, nasconde una piccola storia.
Questi piccoli aneddoti voglio raccontarvi, ma non solo, ho pensato di allegare alla storia una ricetta, che sia genovese o meno, l'importante che sia buona.
Bene,oggi si parte.
Partite a metà di via Luccoli, qui dove un tempo lussureggiavano boschi, (lucus/luccoli/boschi) e imboccate l'ultimo vico a destra: Vico dell'Arancio.
La toponomastica genovese è molto strana e pure l'origine del nome di questo vico è sconosciuta: a un certo punto nel secolo scorso, un impiegato comunale, essendo rimasto a corto di nomi, ha deciso di dare nomi di alberi, fiori e animali alle vie e vicoli di Genova. Potrebbe essere andata così oppure, questo piccolo caruggio di qualche decina di metri, porta questo titolo per la presenza di alberi di aranci, quando, nel 1000 questa zona era ricoperta di orti e alberi e, ancor prima, in epoca pagana, il boschetto era adirittura intitolato alla Dea Diana.
Un'altra curiosità: pare che a metà 1800 un l'ennesimo burocrate, di certo non autoctono, tradusse erroneamente il suo nome da çetron, arancio in genovese, a cetriolo, quindi per un brevissimo tempo a Genova abbiamo avuto anche un vicolo intitolato al chighéumou, appunto cetriolo in genovese.
Ora salite in cima e, all'angolo con Vico dei Migliorini, antica famiglia genovese, troverete un piccolo arco con un cancello di fronte a voi.
Dietro il cancello, i lastroni del pavimento sono tutti dissestati, il muschio ricopre il lastricato, e un forte odore di umido pervade il vostro olfatto.
L'acqua scorre ancora.
Ma non è più accessibile, qui nel lontano '800 c'era un pozzo, come testimonia la targa sopra l'arcata.
E riguardando le mie foto in bianco e nero, mi sembra di sentire il rumore dei secchi sbattuti contro il selciato, le voci delle lavandaie e le urla dei bambini al loro seguito, che giocano, attendendo che le madri finiscano il loro lavoro.
Qui il tempo sembra essersi fermato, l'urbanizzazione un poco meno, ma non molti cambiamenti sono stati attuati nei secoli.
I palazzi attorno rimangono molto antichi e, cavi della luce a parte, sembra di esser nell'ottocento.
Ma veniamo alla ricetta.
Nella cucina genovese, di ricette che abbiano l'arancio, specialmente salate, non se ne trovano, a meno che, non si sconfini nella più classica torta d'aranci, che ho provato a fare, e sinceramente non ho trovato molto buona.
Eccomi a proporvi delle semplici scaloppine, saporite e leggere, per variare dalla solita routine della fettina al vino bianco.
Ingredienti per 4 persone
- 8 fettine di vitellone sottili
- un'arancia non trattata
- 50 g di mandorle
- olio extravergine d'oliva q.b.
- sale q.b.
Battete le fettine di carne ed eliminate eventuali filamenti di grasso ai bordi.
Ricavate dalla scorza dell'arancia qualche piccolo zeste poi spremetene il succo.
Tagliate le mandorle a fettine non troppo sottili.
Scaldate 4 cucchiai di olio extravergine d'oliva in una larga padella, quindi adagiatevi le fettine di vitellone.
Rosolatele su entrambi i lati a fuoco vivo, quindi abbassate la fiamma e unite il succo d'arancia, le scorzette e le mandorle.
Cuocete tutto a fuoco moderato per qualche minuto, fintanto che il succo si addensi un poco.
Servite immediatamente accompagnando con il sughetto di cottura.
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