giovedì 24 marzo 2016

INSALATA DI ANANAS E GAMBERI

Se a Pasquetta avete in programma una gita sui prati, non c'e' niente di meglio che una bella insalata.
Vi propongo un'idea davvero sfiziosa che riempirà le "panze" dei vostri amici in un batter d'occhio.
Per preparare questa ricetta ho usato i gamberi freschi, quelli rosa, non troppo grossi proveniente dai nostri mari. Non che abbia nulla in contrario con le code argentine congelate, perchè in certi negozi, se ne trovano anche di abbastanza buone, ma a mio parere il gusto cambia notevolmente. 
E sopratutto si risparmia sia in termini economici (si evita di pagare anche il ghiaccio) che ambientali (volete mettere  il costo di un viaggio aereo transcontinentale per trasportare i vostri gamberetti??)
Io spesso faccio un passo in pescheria per tenere d'occhio i prezzi e, appena vedo che i gamberi rosa sono in offerta, la settimana scorsa stavano a 10 euro al Kilo, ne compro un bel quantitativo, me lo porto a casa e dopo averli lavati e asciugati, li congelo immediatamente, divisi in sacchettini da circa 2 porzioni.
Appena ne ho bisogno, li scongelo in frigo per mezza giornata, e successivamente sono pronti per essere cucinati come più desidero.
Questo, perchè le pescherie saranno aperte fino a sabato e, i gamberi, è meglio consumali in giornata, quindi non cercate di conservarli in frigo fino a lunedì. Sappiate che congelandoli voi stessi otterrete un ottimo risultato.



Ingredienti per 4 persone
  • 600 g di gamberi rosa
  • 1/4 di ananas DOLE fresco circa 250 g
  • 1/2 bicchiere di succo di ananas
  • un cuore di sedano e le sue foglie
  • un finocchio
  • una carota
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale q.b.

Pulite i gamberi, eliminate le teste e il carapace.
Lavateli sotto l'acqua corrente per eliminare tutte le impurità. Disponeteli in un colino di metallo grande, dalle maglie larghe.
Mettete una pentola piena d'acqua a bollire sui fornelli, appena cominceranno le bollicine, immergete i gamberi, mantenedoli nel colino, e lasciateli ben immersi per 20 secondi. Tirate su il colino, scolate bene i gamberi e allargateli su un piatto, in modo che raffreddino.
Intanto lavate le verdure. Affettate il finocchio a lamelle sottili, tagliate il sedano a dadini, e le carote a fili sottili, aiutandovi con il pelapatate.
Eliminate all'ananas tutti gli "occhi marroni", tagliate il torsolo duro centrale e riducete la polpa a dadi della grandezza di due centimetri circa.
Raccogliete tutto in una grande insalatiera.
Unite anche le foglie di sedano e di prezzemolo tritate, infine aggiungete i gamberi, che oramai si saranno raffreddati.
In una ciotolina, mescolate il succo di ananas assieme a due cucchiai d'olio e un grosso pizzico di sale, battete con una forchetta e versate sull'insalata.
Mescolate bene tutti gli ingredienti, assaggiate, se necessario aggiustate di sale e olio, quindi lasciate riposare, coperto con un foglio di pellicola, in frigo, per almeno mezz'oretta.
Servit a temperatuira ambiente.


RISOTTO ALLE PERE CARAMELLATE, TOMA BLU PIEMONTESE E NOCCIOLE

La Toma Blu piemontese... uno dei miei formaggi preferiti!
E non è semplice da trovare dalle mie parti. Io l'acquisto presso i mercatini biologici dei fine settimana: spesso, i produttori piemontesi, scendono in quel di Liguria per portarci questa delizia da assaporare. 
Per chi non la conoscesse, la toma Blu è un particolare formaggio erborinato che sposa il classico dolce sapore della toma vaccina al gusto leggermente piccante della gorgonzola. In pratica una gorgo-toma, se vogliamo così profanamente definirla!
E' molto versatile, si può gustare come aperitivo, a dadini, oppure incorporata in qualche pasta o risotto, come in questo caso, ma non scordate che fusa, magari sopra una bella fettina di carne rossa, è divina.
Oggi vi propongo un risotto con la Blu, al quale ho voluto aggiungere le pere caramellate, prorpio per esaltare il sapore piccantino della toma fusa all'interno del risotto.
Ecco il vostro primo per Pasqua!


Ingredienti per 4 persone
  • 300 g di riso Vialone Nano
  • 2 pere Paradiso DOLE
  • 150 g di toma blu piemontese
  • uno scalogno 
  • 30 g di nocciole tostate tritate grossolanamente 
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • brodo vegetale q.b.
  • zucchero q.b.
  • burro freddo q.b.
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale q.b. 

Per preparare le pere caramellate, sbucciate una pera e riducete la sua polpa a piccoli cubetti. L'altra invece, mantente la buccia, e affettatela a lamelle spesse pochi millimetri.
In un padellino, fate sciogliere un cucchiaino di burro, unite poi, un cucchiaio colmo di zucchero e le pere a dadini. Cuocete tutto a fuoco basso, mescolando spesso. Quando vedrete che la frutta comincerà a diventare ben lucida e leggermente scura, ritirate dal fuoco.
Ripetete la stessa operazione con le fettine di pera e una volta cotte, tenete da parte per la decorazione.
Ora dedicatevi al risotto: tritate finemente lo scalogno. In una pentola dai bordi alti scaldate 2 cucchai d'olio extravergine d'oliva, quindi unite lo scalogno e fatelo appassire a fuoco dolce.
Aggiungete poi il riso, tostatelo e, successivamente sfumate con il vino bianco.
Proseguite la cottura del risotto, aggiungendo di volta in volta un bel mestolo di brodo caldo. Mescolate spesso affinchè il riso non si attacchi al fondo della pentola.
A metà cottura, assaggiate il riso e, se neccessario aggiustate di sale.
Nel frattempo tagliate la toma blu a piccoli cubetti.
Una volta cotto il riso, circa 25-30 minuti, allontanate la pentola dal fuoco, unite i dadini di toma blu e il burro, mantecate il risotto e, infine, aggiungete i cubetti di pera caramellate.
Servite nei piatti, decorando con le fettine di pera caramellate e una spolverata di nocciole tostate tritate.

lunedì 21 marzo 2016

INVOLTINI DI CONIGLIO ALLE ALBICOCCHE E PISTACCHI CON VERDURE

Buon Lunedì!
Siamo Ufficialmente entrati nella Settimana Santa, alias la settimana di Pasqua.
Quindi, vi ammorberò con ricettine adatte al pranzo di domenica.
Partiamo da un secondo piatto, a base di coniglio, carne bianca delicata e molto versatile.
Se propio non dovesse piacervi il coniglio, come alternativa, potrete usare delle fettine di petto di tacchino, ma sappiate che il sapore sarà leggermente diverso, forse un poco più sciapo.
Volete cimentarvi con una proposta insolita per il pranzo di Pasqua? Provate questi involtini dal gusto leggermente dolce e, a mio avviso, molto originali.
Per semplificare il lavoro, acquistate dal vostro pollivendolo di fiducia le coscette di coniglio già disossate.



Ingredienti per 4 persone
  • 4 cosce disossate di coniglio
  • 4 albicocche secche
  • una piccola scarola
  • 50 g di pistacchi non salati
  • 250 g di spinaci freschi
  • una cipolla bianca
  • un bicchiere di vino bianco secco
  • 250 ml di brodo vegetale
  • olio extraverdine d'oliva q.b.
  • sale e pepe nero di mulinello.


Lavate la scarola, affettatela grossolanamente e mettetela ad appassire in una larga padella assieme a due cucchiai d'olio extravergine d'oliva.
Cuocetela al massimo 5 minuti, a fiamma viva, mescolando spesso. Salate e raccogliete tutto in un piatto. Fate intiepidire.
Stendete le fettine di coniglio sul tagliere, salatele e pepatele internamente, quindi su ognuna adagiate un poco di scarola fredda. Lasciate liberi tutti i bordi.
Completate poi farcendo ogni fettina con un'albicocca tagliata a fettine e un cucchiaimno di pistacchi tritati grossolanamente.
Arrotolate i filetti partendo dalla parte più corta, in modo da formare degli involtini. Stringete bene la carne sigillandola con dello spago da cucina.
Tagliate a lamelle una cipolla e fatela imbiondire in una larga padella assiema a 4 cucchiai d'olio extravergine d'oliva.
Unite poi i rotolini di coniglio, rosolate bene da tutti i lati e sfumate con il vino bianco.
Proseguite la cottura a fuoco lento, per una ventina di minuti, aggiungendo un poco di brodo ogni qualvolta il fondo di cottura risulterà asciutto. Se necessario aggiustate di sale e pepe.
Nel frattempo lavate abbondantemente gli spinaci in acqua fredda e scolateli.
Scaldate 4 cucchiai d'olio extravergine d'oliva in una padella. Una volta bollente, a fuoco alto, tuffate gli spinaci e mescolando spesso, fateli appassire: avranno ridotto il loro volume, spegnete il fuoco. Salate.
Servite gli involtini di coniglio caldi accompagnadoli con il loro sughetto di cottura e gli spinaci.

domenica 20 marzo 2016

RISOTTO CON ASPARAGI, ARANCIA E SPECK CROCCANTE

Benvenuta primavera! E benvenuti asparagi!
Come ho più volte scritto, io adoro gli asparagi, simbolo di questa stagione, ma che, con l'inverno che ha deciso di non presentarsi, si trovano già da quasi un mese sui banchi dei negozi ortofrutticoli.
Per fare questo risottino, mi raccomando, procuratevi un'arancia biologica, perchè il sapore di quest'ultima si perde un poco all'interno del risotto, ne rimane solo un leggero retrogusto, ma una spolverata finale della sua scorza grattugiata, donerà a questo piatto un piacevole contrasto di sapori.



Ingredienti per 4 persone
  • 300 g di riso Carnaroli
  • 250 g di aspargi piccoli
  • un'arancia
  • 50 g di Grana Padano giovane grattugiato
  • uno scalogno
  • 4 fettine di speck
  • 2 noci di burro freddo
  • un litro di brodo vegetale
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale q.b.

Lavate gli asparagi ed eliminate la parte dura finale.
Tagliate a tocchetti i gambi e conservate intere le punte.
Tenete da parte 4 punte, le più belle e tenere, per la decorazione e tagliatele a fettine sottilissime.
Scaldate 2 cucchiai d'olio in una padella, unite gli asparagi a pezzi e cuoceteli a fuoco vivo per una decina di minuti. A metà cottura unite un mestolino di brodo, così che non si brucino.
Trasferite tutto nel bicchere del frullatore a immersione e frullate fino a ottenere una crema omogenea. Se necessario unite poco brodo per aiutarvi in questa operazione.
Lavate l'arancia. Grattuggiate tutta la sua scorza e raccoglietela in una ciotolina. Tenete da parte per la decorazione.
Arrotolate su se stessa ogni fettina di speck e ricavate da ognuna 4 "roselline" tagliando delle fettine spesse un centimetro. Fatele dorare in padella per pochi minuti senza alcun grasso.
Spremete l'arancia e conservate il succo, che servirà successivamente per il risotto.
Tritate finemente lo scalogno e doratelo in una pentola dai bordi alti assieme a 4 cucchiai d'olio extravergine d'oliva. Unite poi il riso, e tostatelo, ossia mescolate spesso in modo che si scaldi uniformemente così che i chicchi perdano tutto l'amido.
Portate a cottura il riso, aggiungendo, ogni qualvolta lo richieda qualche mestolino di brodo.
Trascorsi circa 15 minuti, unite anche il succo d'arancia.
Verso fine cottura, quando assaggiando il riso i chicchi cominceranno a esser morbidi, ma ancora duri all'interno, inserite la crema di asparagi, aggiustate di sale e mescolate bene.
Una volta cotto il risotto, spegnete la fiamma, unite il formaggio grattugiato e il burro, amalgamate bene tutti gli ingredienti e suddividete nei piatti individuali.
Decorate i piatti con una spolverata di scorza di arancia, le fettine di punta d'asparago tenute da parte e le Rossellini di speck.



giovedì 17 marzo 2016

FOCACCIA CON SALSICCIA E SEMI DI PAPAVERO

Tra poco è Pasqua e bisogna pensare a cosa preparare per l'ennesimo luculiano pranzo dell'anno.
Oggi vi propongo una focaccia squisita, ottima da portare in tavola per accompagnare taglieri di formaggi e salumi, adatta a esser farcita o più semplicemente consumata sui prati per Pasquetta.
Al via con le mani in pasta!



Ingredienti per 6 persone 
  • 400 g di farina manitoba
  • 6 g di lievito di birra secco
  • 250 ml di acqua
  • un cucchiaino raso di zucchero
  • un cucchiaino raso di sale
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • 100 g di salsiccia
  • semi di papavero q.b.


Versate 250 ml di acqua tiepida in una ciotolina. Unite il lievito, lo zucchero e 3 cucchiai di olio, quindi mescolate bene.
Fate riposare il lievito per una decina di minuti. Quando si sarà formata una schiumetta in superficie il vostro lievito sarà completamente attivato e pronto all'utilizzo.
Disponete la farina a fontana sulla spianatoia e aggiungete il sale.
Versate lentamente il liquido con il lievito e cominciate a impastare fino ad ottenere una pasta liscia e omogenea che non si attacca alle mani.
Se necessario, durante la lavorazione, ogni tanto, infarinatevi le mani.
Lavorate l'impasto energicamente per una decina di minuti, formate una palla e dopo aver unto d'olio la superficie, mettetelo a riposare in una ciotola. 
Incidete la superficie con un taglio a croce, coprite con un canovaccio e riponete in un luogo tiepido, al riparo da correnti d'aria per almeno un'ora e mezza, o comunque, finchè il volume della pasta non sarà raddoppiato.
Riprendete l'impasto e lavoratelo nuovamente per qualche minuto.
Trasferitelo poi in una teglia da forno rettangolare dai bordi alti preventivamente unta con abbondante olio extravergine d'oliva.
Con le mani unte, allargate la pasta su tutta la superficie della teglia e lasciate riposare ancora mezz'ora.
Tagliate la salsiccia a pezzetti grossi, massimo un centimetro, affondateli in modo sparso nella focaccia e spolverate con semi di papavero a piacere.
Infine, ungete ancora un poco la superficie e infornate, forno caldo, a 230°C per 25 minuti.
Servite la focaccia tagliata a pezzi come aperitivo o per accompagnare taglieri di salumi.

mercoledì 16 marzo 2016

TAJINE DI AGNELLO E ALBICOCCHE

Da quando ho scoperto la tajine non ne posso fare a meno. Sapevo che per le lunghe cotture era un ottimo strumento, ma non l'avevo mai testata.
E qualer migliore occasione se non per la preparazione dell'agnello???
Per chi non conoscesse la tajine, è una pentola di origine marocchina, costruita in terracotta, ma ultimamente si trova nei negozi più forniti anche di ceramica o ghisa.
E' formata da due elementi, un piatto largo dai bordi rialzati e un coperchio conico con la cima chiusa. Durante la cottura, il vapore sale verso la parte meno calda del coperchio per riscendere sui cibi, con l'effettto di mantenerli morbidi e saporiti.
Ottima per cucinare carni che necessitano di lunghe cotture, si presta bene anche per la prepazrazione delle verdure, che cotte in questa pentola mantengono tutto il loro gusto.
In commercio se ne trovano di tutti i tipi e tutti i prezzi, dalle originali con colori sgargianti provenienti direttamente dal Marocco, alle più moderne, prodotte in Europa altrettanto di ottima fattura. La mia è di Emily Henry, di ceramica e rossa, come la mia cucina.




Ingredienti per 4 persone
  • 1 kg di cosciotto di agnello disossato tagliato a dadi
  • 200 g di albicocche secche
  • una cipolla bianca
  • una costola di sedano
  • una carota
  • una piccola stecca di cannella
  • 2 cucchiaini di cumino macinato
  • un cucchiaio raso di curcuma macinata
  • un limone secco intero (si trova nei negozi etnici)
  • un cucchiaio di miele millefiori
  • olio extravergine d'oliva 
  • sale e pepe nero di mulinello q.b.

Affettate la cipolla a lamelle non troppo sottili. Lavate e tagliate a dadini il sedano e la carota.
Versate 4 cucchiai d'olio nel piatto della tajine, scaldate tutto a fuoco basso, unite le verdure appena tagliate e fate appassire lentamente.
Aggiungete la carne d'agnello, lavata ed asciugata, doratela su tutti i lati e versate nella tajine un bicchiere d'acqua. Chiudete e lasciate cuocere, sempre a fuoco basso per una ventina di minuti. Mescolate di tanto in tanto, in modo che la preparazione non si attacchi.
Ora aggiungete le spezie: la cannella, il cumino e il limone secco aperto spezzettato grossolanamente.
Unite anche le albicocche secche intere e il miele. Aggiustate di sale e pepe, mescolate gli ingredienti così che si insaporiscano per bene, infine aggiungete ancora un bicchiere d'acqua e richiudete il coperchio.
Proseguite la cottura per altri 40 minuti, sempre a fuoco bassissimo, finchè tutta l'acqua non verrà assorbita. Ricordatevi di rimescolare la carne ogni tanto così che non si bruci sul fondo.
Servite caldo, e, volendo, completate con una spolverata di mandorle a lamelle.


http://sousvidealladin.com/contest/

giovedì 10 marzo 2016

MORONE ARROSTO CON SALSA VERDE

Sempre in tema Quaresima, e continuando a sfogliare il ricettario di Padre delle Piane, La Cucina di Strettissimo Magro, mi sono imbattuta nella ricetta del baccalà arrosto.
Dato che tra i precetti di magro, il pesce non è annoverato,  Padre Gaspare ne fa largo uso, invetandosi i più disparati condimenti, sempre magri, per diversificarsi dal solito ingrediente bollito.
Ho solamente voluto cambiare il tipo di pesce, anche perchè, settimana scorsa, in pescheria, troneggiava sul bancone un morone appena pescato dal dolcissimo peso di 25 kg circa. 
Per chi non lo conoscesse, il morone è un pesce che si pesca in primavera, ha le carni molto sode e compatte, ma sopratutto, bianche, dato che si ciba prettamente di crostacei. E' un pesce davvero prelibato. Crudo è fantastico, ma anche al forno, con piccoli accorgimenti sulla cottura, per non farlo diventare stopposo, riesce a dare ottimi risultati.
Quindi un trancio, alla modica cifra di 25 euro al chilo, e fidatevi che è poco, perchè l'ho anche trovato a prezzi maggiori, è finito sulla mia tavola.
Ed ecco la ricetta, tratta dal libro, con piccole varianti di modernità e tipologia di pesce.



Ingredienti per 4 persone:
  • un trancio di pesce morone da 1 kg circa
  • un grosso mazzo di prezzemolo
  • 2 acciughe dissalate
  • 40 g di pinoli
  • 30 g di capperi
  • 2 spicchi di aglio
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 8 cucchiai di olio extravergine d'oliva 
  • pane grattugiato q.b.
  • sale q.b.

Pulite il prezzemolo, lavate le foglie e assieme a capperi, pinoli, acciughe e metà dei cucchiai d'olio extravergine d'oliva, frullate tutto nel mixer, fino a ottenere una salsa omogenea.
In una casseruola da forno, mettete gli spicchi d'aglio a pezzetti e coprite il fondo con il vino e l'olio rimanente.
Lavate e asciugate il vostro trancio di morone.
Strofinatelo con la salsa su tutti i lati, fate in modo di metterne un po' di più sul lato superiore, e adagiatelo nella teglia da forno precedentemente preparata.
Spolverate la superficie del pesce con una manciata di pane grattugiato.
Infornate a 180°C per 30 minuti circa.
Servite caldo, condito con il sugo di cottura, accompagnando con una cucchiaiata di salsa verde avanzata.


Ora... la ricetta originale per il Baccalà arrosto colla salsa verde.

CAPO XVII
Arrosti
2.
297. Pestate in mortaio del prezzemolo, delle acciughe salate, dei pignoli e dei capperi; indi dopo d'avere stemperato questo battuto con dell'olio, servitevene per condire il baccalà ramollato e tagliato a pezzi, che già avrete posto in un tegame, nel quale antecedentemente vi avete posto del vino, dell'olio e dell'aglio tritato. Così ben condito, cospargetelo di pan secco grattugiato, aspegetelo d'olio colla stagnara, e finalmente cuocetelo al forno.

mercoledì 9 marzo 2016

I QUARESIMALI: I CANESTRELLETTI

Poi, incuriosita, ho voluto provarli, però ho cominciato dai più semplici, i canestrelletti, a forma di ciambella, decorati con tanti confettini colorati.


Questa è una mia versione, ma mi spiego meglio.
Essendo biscottini adatti per il consumo quaresimale, non devono contenere nessun grasso animale e infatti quelli prodotti nelle pasticcerie genovesi ne sono privi, ma, a meno che in casa non abbiate una raffinatrice, per estrarre al meglio l'olio delle mandorle o una torroniera per cuocere il marzapane (cosa abbastanza improbabile), la soluzione più semplice è quella di utilizzare un poco di albume d'uovo per legare tutti gli ingredienti.
Per la ricetta mi sono ispirata a quella di Padre Delle Piane, del libricino "la Cucina di Strettissimo Magro" che testualmente recita:

Capo XXVII -Dolci-

Par. 10

467. Prendete un chilogramma di mandorle, dipellatele, e pestatele in mortaio sicchè vengano una pasta. Prendete poscia 675 grammi di zucchero in polvere, e amalgamatelo con questa pasta. Aggiungetevi due cucchiai d'acqua di fiori d'arancio, 30 grammi di fior di farina; e formatene le ciambelle che metterete in forno. Quando avranno preso un leggiero color di oro, levatele, bagnatele leggermete sulla superficie di sciroppo e spargetevi sopra semenzina confettata a diversi colori.

Altra soluzione per evitare l'uso dell'albume è quella di pestare le mandorle in un mortaio. Sinceramente mi sembra una fatica inutile. A voi la scelta.
Ovviamente ho ridotto di molto le dosi, altrimenti in casa avremmo mangiato quaresimali fino a dopo la Pasqua, ma sappiate che questi dolcetti, debitamente chiusi in un barattolo ermetico, durano fino a una settimana.
Ho volutamente utilizzato una farina di mandorle di ottima qualità per semplificare i passaggi, ma sappiate che nulla vi vieta di utilizzare le stesse dosi di mandorle intere e zucchero, quindi tritare tutto con il mixer.
Un'ultima e importante informazione: l'acqua di fiori d'arancio. Prediligete quella di buona qualità che si trova in drogheria, magari un po' più cara rispetto alle boccette reperibili al super, con la quale, però, non ha nulla da spartire in termini di sapore.


Ingredienti per circa 30 canestrelletti
  • 250 g di farina di mandorle 
  • 160 g di zucchero a velo
  • 5 cucchiai di acqua di fiori d'arancio di buona qualità
  • un albume
  • zucchero a velo per la spianatoia
Per la decorazione
  • mompariglia a volontà
  • 40 g di acqua
  • 60 g di zucchero 
  • 2 cucchiai di acqua di fiori d'arancio

In una ciotola, mescolate la farina di mandorle assieme allo zucchero a velo, unite poi l'acqua di fiori d'arancio, e piano piano tanto albume quanto basta per ottenere una pasta morbida e ben compatta.
Infarinate la spianatoia con lo zucchero a velo e strappate dalla pasta dei pezzi grossi come un pugno.
Tirate la pasta come per fare gli gnocchi: create dei cilindretti lunghi 20 cm e spessi circa  7-8 millimetri.
Tagliate i cilindretti in 4 parti da 5 cm l'una, quindi unite le estremità di ogni segmento in modo da formare una ciambellina.
Mano a mano che formate i vostri canestrelletti, adagiateli su di una placca coperta di carta da forno.
Infornate a 160°C, forno caldo, per 10-13 minuti.
Appena vedete che i biscottini cominciano a colorire leggermente, estraeteli dal forno, anche se ancora molli, e lasciateli raffreddare: la loro cottura e asciugatura continuerà anche fuori dal forno.
Nel frattempo preparate lo sciroppo versando lo zucchero, l'acqua e l'acqua di fiori d'arancio in una piccola casseruola. Portate a bollore, su fuoco basso, mescolando spesso. Cuocete fino a quando vedrete che la consistenza sarà diventata morbida e vischiosa.
Facendo attenzione a non bruciarvi, spennellate la superficie dei canestrellini con lo sciroppo e immergeteli immediatamente nella mompariglia.
Fate asciugare all'aria per un'oretta, quindi conservateli in un barattolo a chiusura ermetica.

LA CUCINA DI STRETTISSIMO MAGRO, OVVERO COME UN FRATE SI INVENTO' UN NUOVO MODO DI CUCINARE

Immaginate una vita dedicata alla purificazione dello spirito, alla fede e alla preghiera. Totalmente votata al digiuno quaresimale.
Che tristezza, mi viene da pensare, non che voglia criticare precetti religiosi, ma una vita rigorosamente di magro, io, per come sono fatta, gran mangiona, che con molta difficoltà riesce a resistere ai peccati di gola... sinceramente: non riesco proprio a immaginarmela.
Eppure, specialmente nei secoli passati, questa pratica ascetica era abituale nella vita religiosa.

E qui entra in gioco Padre Gaspare Stanislao Delle Piane, dei Padri Minimi di San Francesco da Paola in Genova che nel 1880 (ben 11 anni prima dell'Artusi) pubblica un libricino di ricette totalmente prive di carni, uova e latticini: La Cucina di Strettissimo Magro.

Storicamente l'Ordine dei Minimi, fondato da San Francesco da Paola (1416-1507) prevede una vita intensa di ascesi fisica e conversione continua, attraverso la Vita quaresimale infatti la loro Regola recita cosi:
"Tutti i frati, di quest'Ordine si asterranno completamente dai cibi di carne e nel regime quaresimale faranno frutti degni di penitenza sì da evitare del tutto le carni e quanto da esse proviene. Pertanto a tutti e a ciascuno di essi è assolutamente e incontestabilmente proibito cibarsi, dentro e fuori convento, di carni, di grasso, di uova, di burro , di formaggio e di qualsiasi specie di latticini e di tutti i loro composti e derivati."

Bene, io mi immagino, Padre Gaspare, stufo di mangiare sempre la solita zuppa, che scende dal pulpito, indossa un grande grembiule bianco sopra il saio e si mette in cucina a sperimentare nuove proposte, rigorosamente secondo precetto, per allietare la vita sua e dei suoi confratelli.
E La Cucina di Strettissimo Magro è proprio questo, anni di esperienza ai fornelli - (...) non è già il parto di capricciosa fantasia, ma di una lunga esperienza dovuta all'esercizio dell'arte;- che il frate decide di raccogliere in un libricino di ricette, ben 476, il quale, in prima battuta, spopolò a gran furore.

Nella prefazione leggiamo già quanto non sia un libro esclusivamente destinato ai grandi cuochi sopraffini delle casate nobiliari genovesi, ma anche diretto al popolo perché fondato sui principi di economia - (...) anco le classi meno agiate, possono prepararsi un desinare di gusto squisito con pochissima spesa. -.
Ma andiamo a scorrere le pagine di questo prezioso ricettario.
Si comincia con tre capitoli riguardanti le minestre, tutte rigorosamente divise per stagioni, e qui si nota l'accuratezza nella compilazione del manuale di cucina, per passare successivamente a due lunghi capitoli sulle salse: sia fredde che calde, brodi e zuppe.
Poi entrano in gioco il pesce, che in terra ligure non può assolutamente mancare, e tra l'altro permesso nei precetti quaresimali, e le verdure, delle quali penso, Padre Gaspare, ne avesse grandi quantità a disposizione data la posizione del suo Convento, la Chiesa di San Francesco da Paola sovrastante il porto di Genova, circondato ai tempi da campi e orti.
Questi due ingredienti trovano ampio spazio all'interno del libro: lessi, arrosto, fritti, ripieni, in umido e chi più ne ha più ne metta.
Tutto rigorosamente seguito da consigli su stagionalità e reperibilità dei prodotti.
Inizialmente mi sono chiesta come facesse Padre Gaspare a legare tutti gli ingrerdienti di una ricetta senza utilizzare grasso o formaggio: sappiate che propone di usare il latticello di pinoli, una "pappetta", passatemi il termine, formata da tanti pinoli pestati nel mortaio messi a bagno per qualche ora.
Ma poi si trovano pure consigli per creare un formaggio rigorosamente magro, a base di mandorle e pinoli,  e ricette di dolci e liquori.
Bene, ora sapete che in definitiva non è noioso cucinare senza grassi, e che nella cucina del convento dei Padri Minimi, si mangiava bene, a base di pesce, frutta secca, olio extravergine d'oliva e erbe aromatiche... a base dei profumi di Liguria.

Nei prossimi giorni, vi scriverò qualche sua ricetta, ovviamente un poco modernizzata, perfortuna ora abbiamo i mixer e non dobbiamo più fare fatica a utilizzare i mortai...  E chissà che sfogliando nuovamente il mio piccolo libro non possa proporvi pure le "dita di Nettuno" o gli "occhi di Balena"!

Vi ho messo un poco di curiosità?
Seguitemi!

La Cucina Di Strettissimo Magro
© Feguagiska Studios Edizioni
Via Crosa di Vergani, 3r 16124 Genova

domenica 6 marzo 2016

PERE COTTE AL VINO BIANCO, ZAFFERANO E CARDAMOMO

Direttamente da uno dei miei acquisti natalizi, il libro di cucina Jerusalem, oggi vi propongo una ricetta dolce.
Che le pere cotte siano una prelibatezza, penso non sfugga a nessuno. Io solitamente le cuocio in forno, con il vino rosso, ma dopo aver letto questa ricetta, dai sapori decisamente orientaleggianti, non ho potuto far a meno di provarla.
Sul libro diceva di pelare le pere, sinceramente, a me piace pure la buccia, e non l'ho voluta levare, magari l'effetto ottico non sarà dei migliori, ma per quanto riguarda il gusto nulla ha da togliere, anzi la buccia è fonte di vitamine in più.



Ingredienti per 4 persone
  • 4 pere Kaiser sode
  • 500 ml di vino bianco secco (magari non usate proprio quello del cartone)
  • 150 g di zucchero
  • 15 semi di cardamomo
  • un cucchiaino di pistilli di zafferano 
  • acqua q.b.

Lavate le pere.
In una pentola dai bordi alti, scaldate il vino assieme allo zucchero, lo zafferano e i semi di cardamomo leggermente pestati con la punta del coltello.
Portate a bollore, mescolando ogni tanto così che lo zucchero si sciolga completamente.
Ora adagiate le pere nella pentola, aggiungete tanta acqua quanto basta per coprirle a filo, quindi chiudete la pentola con un foglio di carta da forno.
Lasciate cuocere almeno 20 minuti a fuoco basso.
Quando le pere saranno cotte, ossia nel momento in cui infilando una forchetta nella polpa non incontretà resistenza, togliete la frutta dalla pentola, eliminate il foglio di carta da forno e, a fuoco vivo, fate ridurre a circa un terzo l'acqua di cottura.
Servite le pere fredde accompagnandole con il sughetto ristretto.

venerdì 4 marzo 2016

RISOTTO AL BLU DI CAPRA, PORRO E PISTACCHI

Da quando marito ha deciso che i risottini sono una delle cose che più gli piacciono, mi diletto a creargliene dei più svariati.
Ora, non prendetemi per i fondelli, ma potete pure farlo, trovo che il risotto sia anche un ottimo piatto "svuotafrigo", accostando uno o più elementi che magari stanno per scadere o se ne ha in quantità minima, si riescono ad ottenere ottimi risultati.
E così è successo anche per questo piatto che sto per illustrarvi. 
In frigo, avevo un pezzetto di blu di capra, che sinceramente stagionava da circa due settimane e oramai diventato troppo forte per esser consumato da solo, ho deciso di unirlo a un pezzo di porro avanzato dalla sera prima e qualche pistacchio risultante dai bagordi natalizi... fate voi...




Ingredienti per 4 persone
  • 300 g di riso Carnaroli
  • un porro piccolo
  • 150 g di blu di capra stagionato
  • 50 g di pistacchi non salati 
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 2 noci di burro fredde
  • brodo vegetale q.b.
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale q.b.

Tritate finemete la parte bianca del porro, mentre tagliate quella verde a striscioline lunghe.
In una casseruola dai bordi altri scaldate 3 cucchiai d'olio extravergine d'oliva, quindi unite il porro tritato finemente. 
Lasciate appassire il porro a fuoco dolce, poi alzate la fiamma e unite il riso. 
Fate tostare il riso, mescolate spesso, scaldandolo in modo uniforme così che tutti i chicchi perdano il loro amido, poi unite il vino bianco, che dovrà solo sfumare, e abbassate la fiamma.
Portate a cottura il riso aggiungendo, ogni qualvolta risulti asciutto, mestoli di brodo. Mescolate di tanto in tanto in modo che non si attacchi al fondo. Se necessario aggiustate di sale.
Nel frattempo prendete le striscioline di verde di porro preparate in precedenza e friggetele in poco olio d'oliva. Adagiatele sulla carta assorbente e tenetele da parte per la decorazione.
Quando il riso sarà completamente cotto, levate dal fuoco, unite il blu di capra a pezzetti piccoli e il burro. 
Mantecate (mescolate tutti gli ingredienti fuori dalla fiamma) il risotto e suddividetelo nei piatti. 
Decorate con le strisce di porro fritto e i pistacchi tritati finemente.

giovedì 3 marzo 2016

GENOVA STORICA E GOLOSA: LE ANTICHE CUCINE DI PALAZZO SPINOLA DI PELLICCERIA

Una dimora storica tra i budelli stretti dei caruggi del centro storico di Genova.


Un palazzo nobile, appartenuto alla famiglia Spinola, ma non solo, un poco fuori dal classico percorso museale indicato da tutte le guide turistiche, che racchiude tesori nascosti.
Edificato nel 1593 per volere di Giacomo Grimaldi, nei secoli fu l'abitazione di molte famiglie nobili genovesi.
Qui è passata tutta la borghesia più altolocata della città, hanno ballato, danzato, cenato e gozzovigliato fino al 1958 quando gli ultimi eredi Franco e Paolo Spinola hanno voluto donare questo gioiello, assieme ai supellettili, gli arredi, la quadreria, gli argenti e i libri allo Stato.
Con un unico vincolo, quello di mantenere l'aspetto di antica dimora nobiliare a testimonianza della civiltà dell'abitare.

E da qui voglio partire per raccontarvi una piccola perla costudita nella Galleria Nazionale di Palazzo Spinola.

Al piano mezzanino si trova una delle più rare testimonianze di cucina ottocentesca.
Cristallizzata come se il tempo non fosse mai trascorso.


Sul grande tavolo di legno, che troneggia nel mezzo dell'ambiente, sono esposte antiche copie di trattati di cucina, tra cui l'Artusi e i conti di cucina, debitamente compilati dal cuoco, a testimonianza dei regali banchetti che in questo luogo venivano preparati.



E così leggendoli, sappiamo che il cuoco Giuseppe Macchiavello il 24 giugno 1813 spese la stratosferica cifra di 464 lire per allestire il banchetto nuziale di Giulia Spinola, sorella di Giacomo, l'allora proprietario del palazzo, nel quale vennero servite ben 36 pietanze.
Oppure, un altro cuoco, per una cena invernale di qualche anno dopo, l'8 febbraio 1826 portò in tavola come primo piatto i principi della cucina genovese: i ravioli in brodo, seguiti da pasticcio di tordi, grigliada di cotolette, cappone bollito, rosto di pernice, e successivamente il pesce: ostriche e datteri di mare.
Come contorno, furono servite le trifole bianche, incursione francese dei tartufi nella cucina italiana, ma il cuoco probabilmente preferì quelli bianchi nostrani e pregiati di Alba.
Chiudono definitivamente il pasto, gelatina al Rhum e canestrelli.

Ma passiamo ai pezzi forti, il ronfò e la caldaia, dove ovviamente questi piatti venivano preparati.


Innanzitutto abbiamo davanti a noi un esempio spettacolare di cucina in muratura (detta ronfò in genovese) della quale vi ho già parlato nel post su Casa Valéry. Qui troviamo tutti gli elementi intatti, il forno a legna, la grixella, la griglia, sotto la quale ardevano le braci vive, pentole di terracotta, e in basso gli sportelli, che servivano per alimentare il fuoco con il carbone.

Da notare, la piastrellatura dei bordi in ceramica bianca (ciapelle) , una modenizzazione igienica per quell'epoca. Consentiva la pulizia della cucina in un batter d'occhio, infatti tutto quel carbone creava molta càize (fuliggine) e spesso questi ambienti risultavano anneriti.
In questo particolare si vede la grixella, aperta per esposizione, con sopra appeso una classica pügnatta de rammo, pentola di rame, appesa da una cadenha, catena, in modo che pietanza in essa contenuta non pigli o scotizzo, a diretto contatto con il fuoco.
O scotizzo, termine intraducibile della cucina genovese, sta a indicare quando, per esempio il minestrone, si attacca sul fondo e prende quel gusto di rifritto, di bruciaticcio, che, in questo caso non guasta, ma in altre pietanze potrebbe dar fastidio.






Accanto una selezione di utensili in ferro fanno bella mostra di se.

Da destra sono appesi:
una paletta o paetta, per raccogliere le braci,
un'altro utensile che serviva per tirare su i cerchi roventi della caldaia, rampin o feru da stiva,
e diverse misure di cassa, il mestolo di ferro,
ma pure una cassarea, la schiumarola. 

 




Altra particolarà è la caldaia: un sistema innovativo di tubi, tuttora visibili, forniva ai lavandini adiacenti l'acqua calda. Veniva inoltre anch'essa utilizzata per cucinare, grazie al suo piano superiore, sempre caldo.


A lato è presente un grande piano di marmo (a ciappa do lavello), tipico della cucina genovese, dove sono inclusi due grandi lavelli, lavandini, che io immagino affollato di povere sguattere, serve, intente ad arrüxentà (risciacquare) i piatti sporchi dei suntuosi banchetti nobiliari, ma almeno con l'acqua calda, proveniente dalla caldaia, e che usciva da questi preziosi bronzin, rubinetti, di ottone.


E attorno, completano la scena, bottiggie, bottiglie, arbanelle, vasi, pugnatte, pentole tutte rigorosamente di terracotta, che servivano sia per la cottura che per la conservazione degli alimenti.


Ma vedete nell'ombra quella ruota, di ferro sulla destra?
Stupidamente ho dimenticato di fotografarla meglio, sappiate che era un sistema innovativo di montacarichi, per far arrivare le vivande calde nelle sale da pranzo nei piani superiori e che nel 1915 Ugo Spinola, padre di Paolo e Franco i due donatori, lo fece mecanizzare elettricamente creando un sistema altamente tecnologico per l'epoca.


In una stanzetta attigua, si trovano un piccolo ronfò e un lavandino.
Pure un tavolo per impastare dove troneggiano gli strumenti tipici di quest'arte: u canello, il mattarello e u siasso, il setaccio usato per separare a fënha, la farina, dalle impurità.
Questa probabilmete, ma non è dato sapere, era una cucina per il personale di servizio. Oppure è stata successivamente spostata qua, per liberare altre sale e renderle più accoglienti.



Un piccolo anedoto, pare che fino al XVII secolo, e forse anche oltre, sguatteri e servi, dormissero tra le mura di questa cucina, dove le braci dei ronfò che si spegnevano riscaldavono l'ambiente ed era così più facile superare le rigide nottate invernali.

Eccoci arrivati alla fine del racconto.
Mi preme ringraziare il personale di Palazzo Spinola, che gentilmente si è offerto nel guidarci tra le sue sale.
In Piazza di Pellicceria 1, tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.00 (lunedì escluso) i gentili "custodi" di quest'antica dimora, vi condurranno tra le lussuose stanze di questo palazzo facendovene innamorare.

Indirizzo Utile:
Galleria Nazionale di Palazzo Spinola
Piazza Di Pellicceria 1
16123 Genova
 tel. 010 2705300



P.S. Dato che il genovese è una lingua che cambia da paese a paese, e spesso viene confusa con il ligure, mi preme specificare, che tutti i termini elencati in questo post sono tratti da:

- Vocabolario Domestico GENOVESE ITALIANO - 
di Padre Angelo Paganini 
scritto nel 1857
ristampato da De Ferrari Editore nell'anno 2000 con prefazione e appendice di Vito Elio Petrucci.

Per le date e le notizie storiche altra mia fonte preziosa è stata:

Genovesi a tavola nell'Ottocento
I Raggi e gli Spinola
a cura di Farida Simonetti
Sagep Editore, 2004 

Quindi, tutti i commenti sono ben accetti, specialmente se volete proporre nuovi termini, in base alla vostra provienienza...  ma non mi venite a fare predicozzi su come sono scritte le parole zeneize perchè son tratte da fonti ben attendibili e confutabili.















mercoledì 2 marzo 2016

FAGOTTINI ALLA FETA E PORRI DI ISPIRAZIONE TURCA

Che abbia preso ispirazione dai Borek turchi per fare questi fagottini di aperitivo, non c'è ombra di dubbio... infine però, ho optato per una soluzione di cottura più leggera: il forno.
Su tutti i libri di cucina medio-orientale, araba o africana che sia, i Borek sono rotolini fritti di pasta fillo lunghi, a forma di sigaro che racchiudono un ripieno che può essere a base di formaggio, carne o verdure.
Se non avete mai adoperato la pasta fillo in cucina, sappiate con è difficile come sembra. Unico problema: tende a seccarsi velocemnte a contatto con l'aria, quindi per ovviare il problema, vi consiglio di conservarla tra un panno umido mentre lavorate.
Per decorazione ho utilizzato i semi di nigella, comprati negli Emirati Arabi. sappiate che non sono fondamentali per la riuscita della ricetta: danno colore e anche un gustino amaro e fruttato al tutto, ma se volete sostituirli con sesamo nero, più semplice da reperire nulla toglie alla perfetta riuscita del piatto.



Ingredienti per 6 pezzi
  • 2 fogli di pasta fillo
  • 200 g di feta
  • un piccolo porro
  • un albume
  • un ciuffo di prezzemolo
  • 2 rametti di menta fresca
  • un cucchiaino raso di menta
  • due noci di burro 
  • semi di nigella q.b per decorare
  • sale e pepe nero di mulinello q.b.

In una ciotola, sbriciolate la feta con le mani.
Tritate il porro, non troppo finemente, assieme al prezzemolo. Unite alla feta.
Aggiungete anche la menta secca e quella fresca spezzettata con le mani, l'albume, aggiustate di sale e condite con una grattata di pepe nero. Amalgamate bene tutti gli ingredienti.
In un pentolino, sciogliete il burro e lasciatelo intiepidire.
Ora prendete i fogli di pasta fillo e divideteli in sei parti, operando dei tagli verticali, in modo da ottenere delle strisce lunghe e strette.
Adagiate un pezzo di pasta fillo su di un tagliere e conservate i restanti chiusi tra un panno umido, un po' come si fa per i tramezzini, così che la pasta non secchi.
Disponete la striscia con il lato corto verso di voi, mettete un sesto del ripieno all'inizio della pasta, lasciando liberi i bordi e piegando quest'ultimi sul ripieno, arrotolate tutto. Sigillate utilizzando un poco di burro fuso.
Procedete così fino a completare il ripieno e la pasta.
Ogni qualvolta finirete un rotolino, adagiatelo su di una teglia coperta di carta da forno.
Infine, spennellate la superficie dei rotolini con del burro fuso e cospargete con i semi di nigella.
Infornate a 180°C per una ventina di minuti, o comunque fin tanto che la superficie non risulterà dorata.
Servite caldo.
 

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